domenica 14 giugno 2020

Bloomsday 2020. Una festa per Joyce

Riceviamo e pubblichiamo una lettera di Andrea Pagani inviata all' Associazione Ippogrifo Imola. Vivere la scrittura

Cari amici, sono felice di comunicarvi, che dopo l'importante esperienza del Bloomsday 2019, dove ebbi l'onore di presentare il mio saggio su Joyce “Il cammino di Bloom” (Pàtron editore), con Renzo Crivelli e Riccardo Cepach, anche quest'anno sono stato invitato ad intervenire alle prestigiose celebrazioni della festa internazionale di Joyce, che si terranno, in una diretta senza pausa, in streaming, dalle 10 alle 22 del 16 giugno.
Si tratta, senza esagerare, di un evento “planetario”, in cui daranno il loro contributo studiosi, musicisti, artisti, massimi esperti dell'opera joyciana (uno per tutti Enrico Terrinoni, uno dei più autorevoli interpreti e traduttori di Joyce): una vera a propria sontuosa kermesse, intellettuale ma anche divertente e giocosa, in piena sintonia con lo spirito joyciano.
Il mio intervento vi sarà martedì 16 giugno alle ore 15, dove, sollecitato dalle domande di Riccardo Cepach, avrò l'onore e il piacere di parlarvi dei miei studi su Joyce e Proust, ed in particolare dell'ultimo lavoro “Joyce, Proust e i tartufi” (Babbomorto editore). 


Vi invito a partecipare numerosi a questo evento di grande rilievo culturale, che certamente vi permetterà di apprezzare ed approfondire tanti aspetti inediti del genio irlandese.
Basterà connettervi ai due portali che, in collaborazione con l'Università di Trieste, organizzano l'evento: ossia il Joyce Museum – Comune di Trieste o la pagina Facebook del Museo, qui di seguito riportati:
Il programma completo delle celebrazioni è visibile nel sito del Joyce Museum – Comune di Trieste:


giovedì 4 giugno 2020

RIEMERGERE (di Alessandra Scisciot)

Il tuo dolore non lo vuole nessuno. Così nel dolore non puoi che restare solo, per scelta o per abbandono. Forse la cosa più generosa ed opportuna, se non vuoi incrinare la spensieratezza e la serenità degli altri e se vuoi mantenere uno stato di dignitosa indipendenza, è quella di stare in disparte, di stare in silenzio, di allontanarti come fanno i delfini quando sanno che stanno per morire. Si allontanano dal gruppo. A quel punto non ci sono calcoli e paure, ma solo la necessità di dare spazio al vuoto che si spalanca, lontani dallo sguardo di tutti. 

Momento epifanico di umanità, di ritrovamento di una forza interiore sconosciuta. Di una schiettezza personale in cui non possiamo più permetterci di raccontarci delle frottole. 

Mi rannicchio allora, in posizione fetale, così come faccio quando mi abbandono al sonno. E allora, piccola e fragile, immensa nel mio bisogno, resto immobile così, immaginandomi sotto lo sguardo di Dio che raccoglie la mia anima e la culla mentre dondola sott'acqua. 

Mi piace pensarlo così questo momento di misera piccolezza, di fragilità immensa, tanto grande da toccare il cuore infinito di un Dio e da poter essere degna e compresa solo da un Dio. Due dimensioni opposte per un attimo si toccano, l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande. 

Un raggio di sole mi sorprende spezzando questo stare in un limbo senza vita, mi riporta alla luce del reale, alla vista della stanza, delle cose di sempre, e tutto ritorna meno drammatico, meno pauroso. E’ il momento del ritorno, del piede che sul fondo dell’abisso spinge forte per riportare in superficie; e la risalita lenta sembra veloce perché quella manciata di secondi si condensano in un unico senso, in un unico intento, ritornare. Quell'energia del ritorno non sapremo mai da dove provenga, appartiene alla dimensione della sospensione in cui tutto non è più solo umano, ma si avvicina a Dio, all'intuizione, all'illuminazione al tanto che ci appartiene e che nella contingenza spesso ci sfugge. Ma il miracolo è ritornare, più forti di prima, più umani, più veri.
Alessandra Scisciot



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