domenica 17 dicembre 2017

Legame

Gomitoli di amore
tra le mani della vita
Intrecciano fili di esistenza
Nella fattura... abili le mani
uniscono la fragilità
alla resistenza
Scelgono il tono per la bellezza
...e lo spessore per il valore
Nel tessere
la vita, trama colori  facili da accostare

Siamo dello stesso tono di colori

Maria Mancino



martedì 12 dicembre 2017

Anni

Ho appeso tele di vita vissuta
su pareti di spesso cemento
ne ho ammirato le scene
Testimoni di un vero destino e di un duro cammino
Ho gustato il valore di una nuova scoperta.... negli anni che mutano sogni e valori
Ho dormito abbracciata alla notte
...che indossava il mio stesso vestito
E al risveglio... ero grande

Maria Mancino

Fonte foto: Elisa Bellino

domenica 10 dicembre 2017

Storie di cane (di Eva Tondini)

Eva e Sasha
Oggi è il 14 luglio 2017.
Sasha, il mio primo cane, è nata circa cinque anni fa, il 6 luglio 2012, ed ha raggiunto la mia casa poco dopo, il 25 settembre dello stesso anno.
Ricordo ancora quel giorno, vivido nella mia mente e nella mia memoria.
Mnemosine fa il suo dovere quando si tratta di lasciar rivivere le emozioni.
Ero eccitatissima. Una settimana addietro l’avevo vista per la prima volta ed era stato subito amore. No, non era lei ad essersi innamorata di me, ma io di lei. Lei non fu subito il mio cane, ma posso dire con certezza che io fui subito il suo umano.
Ma nel momento stesso in cui la desiderai così tanto, compii due atti di Vergogna. Il primo, la portai via dalla sua mamma per mero egoismo, perchè mi sentivo sola e volevo una compagna di vita, qualcosa di cui prendermi cura: in una sorta di autoesaltazione, volevo che un’anima di questo mondo mi considerasse un dio.
Il mio fu egoismo.

Il secondo gesto di Vergogna, il giorno in cui la scelsi, fu pagare. L’anima del mio cane, il suo cuore che batte, il suo cervello che pensa, l’amore che mi avrebbe dato, la sua carne biologicamente viva e calda... pagai una vita 800 euro. Io ho comprato un’altra esistenza. Ho comprato il suo futuro, per averlo fuso al mio, sempre per egoismo.
Quando la presi in mano per la prima volta, era un grasso cucciolo brutto, grigio come un agnello, dal vello morbido e profumato di latte e sabbia. Piangeva. Lei non mi voleva, voleva la sua mamma, grosso cane di cinquanta chili, dallo sguardo gentile e rassegnato a vedersi strappare ad uno ad uno i propri figli.

Ma i cani si adattano in fretta.

Prima di Sasha di cani sapevo solo la teoria insegnatami dai trattati di Konrad Lorenz. Ho imparato in seguito quanto la teoria si discosti dalla pratica.
Portai a casa un cucciolo spaventato che subito mi individuò come fonte di sicurezza. Per i primi tre mesi nella mia casa lei non smise un giorno di ringhiare a mia madre, e a nascondersi al suo arrivo; poco tempo dopo iniziò a portarle i suoi giochi preferiti.

I cani si adattano in fretta.

Dopo qualche giorno che viveva con me iniziò ad interessarsi alle mie abitudini e spostamenti.

Per la prima volta mi seguì in bagno (abitudine ferrea negli anni seguenti, la privacy è inesistente con un animale in casa). Mi stavo iniziando a spogliare per fare una doccia. Il cucciolo, terrorizzato dal fatto di vedermi “togliere la pelliccia di dosso”, ovvero i vestiti, si scagliò giù dalle scale ruzzolando e guaendo come se avesse visto uno spettro. Con me dietro che la inseguivo, preoccupata, chiamandola, nuda. Una scena bellissima, si sentiva inseguita da un mostro mutaforma.
La povera bestiola non comprendeva come la mia pelle reale fosse sotto i vestiti, e non i vestiti.
Dunque, la prima volta che mi vide nuda impazzì di paura. Per fortuna finora mi è successo solo con il cane...
Qualche settimana fa tornai a casa stanca dalla lunga giornata con l’intenzione di mettermi qualche vestito comodo. Lasciai la mia camicia rosa sgargiante a maniche corte e scacchi appesa ad una delle sedie del tavolo da pranzo in sala.
Salutai il cucciolo devoto ed andai in camera per cambiarmi, ma era già un caldo torrido ed optai per un pantaloncino corto sportivo abbastanza arrogante, col pensiero di rimettermi addosso la camicia aperta lasciata di sotto.
Mentre compivo queste azioni sentii provenire dal piano di sotto dei rumori forti come di legni che sbattevano. Scesi preoccupata, cercai la camicia per coprirmi ma non la trovai.

Girai per casa cercando la fonte del rumore, niente. Tornai in sala.

Sul divano, come se nulla fosse, c’era Sasha acchiocciolata. Metà di lei non si vedeva, il muso coperto. Solo il naso, incastrato, sporgeva da una delle maniche della mia camicia, la testa oscurata dal resto del capo di vestiario.
L’animale ingenuo, giocando, si era incastrato nella manica e spaventato aveva sbattuto il testone contro porte e muri, ma avendo riconosciuto il divano vi era salito sentendomi arrivare, e con nonchalance faceva finta di niente. Mi sentii in dovere di testimoniare l’accaduto con una serie bellissima di foto che mi sarebbe piaciuto allegare alla storia. Il mio cane è epico.

domenica 3 dicembre 2017

Tito (di Mirella Morara)

Il giorno della candelora arrivarono con le macchine lustrate .
Scesero uomini schiamazzanti vestiti a festa.Erano più di una ventina.
Tito si fermò a guardarli, stupito da quella insolita apparizione.
-Vieni, lo strattonò sua madre riprendendo la direzione della chiesa.
-Sei il solito curioso.
La messa in latino fu lunga, più lunga del solito.
Tito si girava spesso verso l'uscita per vedere se quegli sconosciuti fossero entrati.
Ma vide le solite facce del paese, facce spente che portavano negli occhi la paura e la povertà
a cui la guerra li aveva indotti.

-Chi erano? Che volevano?
Si chiedeva la gente uscita sul sagrato.
-Hanno chiesto della Paventa, disse il Rosso.
-Si sono avviati a piedi, verso i monti, vedrete andranno poco lontano, l'unica donna aveva persino i tacchi.
Il Rosso nell'indicare la direzione, preso dalla foga inciampò negli scarponi infangati.
Era uno dei pochi della sua età rimasti, troppo piccolo per essere arruolato e tra i partigiani, si diceva fosse stato liquidato per quella sua gamba poliomelitica che si trascinava dietro a fatica.
Il Rosso o lo scemo, lo chiamavano, e questo dice tutto.
Dalle cime scendeva una nebbia che ovattò il paese.
-Non troveranno la strada, ridacchiò il Rosso, tra un po' torneranno indietro, sembra vengano da Bologna.
Il vecchio allora perse la pazienza.
-Smettila di sparare cagate, le chiacchiere non servono, potevi seguirli o dirci subito qualcosa. Qui siamo rimasti in pochi e le donne e i bambini hanno sempre più fame.
-Lassù ci sono i nostri figli.Se i tedeschi sfondano...si mette male
-Vado io, disse il vecchio, tu sei un buono a nulla.
La vecchia gli si parò contro
-Gino non andare, faranno una gita...
-Ah, ah, una gita, questa è buona. Il Rosso era ormai piegato dalle risate.
-Demente! Disse il vecchio, avviatosi ormai verso la strada per l'altipiano.
Un silenzio irreale li avvolse.
La gente rientrò in fretta alle proprie case.
-Tito, lo cercò sua madre. Lui stava vagando tra quei parafanghi dorati, accarezzava la vernice delle portiere umide di nebbia ,sognava di rubarne una e sorpassare le camionette dei tedeschi quando passavano in perlustrazione.
-Tito! Tito, andiamo, i nonni ci aspettano.
-Erano in tanti; io e il nonno li abbiamo sentiti mentre prendevano il crinale, gli uomini parlavano, la donna rideva. I cani nell'aia parevano impazziti , poi quello che guidava il gruppo si è avviato verso la casa. La nonna che sino allora era rimasta fredda e dura allora si mise a piangere.
-Lui non voleva andare, ma quello che chiedeva di loro, il capobranco ha tirato fuori la pistola e gliela ha..
- Ma il babbo dov'è ora ? Chiese la mamma che era sbiancata
-Se lo sono presi, cercavano la strada per incontrare i "loro"
La nonna teneva in grembo dei coniglietti appena nati. la coniglia era morta nello sgravidare,
e lei li aveva salvati col latte di mucca. Nel dirlo, parve prendere coscienza solo allora della gravità dell'accaduto e nell'alzarsi lasciò cadere i coniglietti che rotolarono sulle lastre del pavimento.
-Mangiamo, nonno tornerà presto ma non ora e la polenta è ormai fredda, affrettò mia madre.
Tito nel frattempo raccolse i conigli, li rimise nella cesta e li riporto' nella stalla.
A tavola nessuno parlò, dalla finestra si vedeva salire la nebbia, mangiava le foglie di fico e addensava verso la costa, là dove pareva non esserci più nulla.
A casa però la mamma e i nonni parlavano spesso di loro, che da tempo avevano preso la via dei monti.Facevano attenzione a non farne riferimento in sua presenza, li sentiva discorrere sottovoce.
Ma chi erano loro, cosa ci facevano sopra gli altipiani e proprio ora che stava arrivando l'inverno...
"Quindi sopra la nostra casa a decine di chilometri, che dico, a pochi chilometri, c'è un mondo di cui io non so nulla" Pensava fra sè Tito
-Vado incontro al nonno.
Si alzò di scatto, lasciando nel piatto i fagioli che avevo spolpato dalla polenta.
-Tu non vai proprio da nessuna parte, sua madre lo respinse a sedere.
-E adesso finisci di mangiare, lo sai che è peccato lasciare del cibo nel piatto

Dante imboccò la mulattiera che s'innesta sul sentiero del crinale
Dietro sentiva il gruppo. Alcuni imprecavano, altri bestemmiavano.
-Dobbiamo fidarci del vecchio? disse qualcuno.
Poi saltò su il giovane che sino allora non aveva fiatato.
Aveva tra le mani la cartina che gli aveva passato quello che sembrava essere il capobranco. -Stiamo raggiungendo il crinale, la casa dovrebbe essere qui, vedi oltre l'altro versante. -Andiamo bene. I nostri non dovrebbero essere lontano da qui
Se qualcuno di loro mi vede, è fatta, pensava Dante e non sentiva nemmeno la fatica, nemmeno ora che iniziavano i primi fiotti di neve.
Ma percepiva il gruppo in disgregazione. Alcuni erano tornati indietro, anche della donna non sentiva più le risa sguaiate e questo gli dette forza.
-Io vi lascio qui, proferì Dante col suo accento toscano -Ormai siete a buon punto, avete già capito la strada.
Quello della cartina d'improvviso gli si avventò contro prendendolo per il bavero della giacchetta lisa.
-Vecchio stronzo, se pensi di tornartene a casa per parlare, non hai capito niente, tu non ci hai visti, capito!
Dante paralizzato non fiatò.
-Lascialo, s'intromise il capobranco.
Altri che fino allora avevano taciuto attaccarono.
-Con quella parlantina toscana, ci fregherà.
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