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Fotografie di Stefano Soglia |
Non ricordo di preciso perché sia finito qui, tra questi muri di gomma… se provi a saltarci sopra, ti respingono a terra; se ci porgi l’orecchio, senti gli echi delle tue vibrazioni interiori; se ci dai un pugno sopra, resta la tua impronta, come la mano del miscredente nella Grotta del Turco della Montagna Spaccata di Gaeta… non ci sono mai stato, però, se alla morte di Gesù le viscere della Terra tremarono, anche la mente umana si può squarciare per un evento straordinario che irrompe come un coltello… i coltelli sono esistiti fin dal Paleolitico, al massimo hanno cambiato materiale: dalla selce e dall’avorio, al ferro e all’acciaio, fino a quelli di ceramica… tutti, però, con la stessa funzione: tagliano. Tagliano cibi, parole, pensieri, vite, lobi delle orecchie, tele come quelle di Fontana, in cui puoi ficcarci l’occhio dentro e immaginare l’aldilà, entrare in quel varco e cogliere quel senso d’indicibile segreto…
Proprio così: ci tengono chiusi qua, ma non sanno che noi siamo in grado di andare al di là tutte le volte che vogliamo.
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Fotografie di Stefano Soglia |
Per quanto mi riguarda lo faccio con la pittura. Di solito ad un violento cromatismo affido i vortici del mio animo, ma stavolta ho ingoiato i colori per fare un dipinto metallico. Perché non voglio che si veda. Voglio che si senta… Lo sentite il fragore del mare che gonfia le sue onde d’alluminio? mentre il cielo resta muto con la sua faccia di bronzo? E il frullo delle ali vi smuove i reni? Sì, perché un po’ lo temete quel becco, tagliente anch’esso come una lama spinta a velocità, diretto a ridurre la distanza siderale a cui siete assuefatti. Nel vostro mondo “normale” vivete privi di notti stellate, privi di de-sideri. Ma sentite il dipinto e lasciate andare, lasciate che sia.
Paola De Simone