Robert Braithwaite Martineau, Kit’s Writing Lesson, 1852 |
Tesoro mi si è allargata l'analisi logica. Quando aiuto mio figlio nei compiti di italiano, mi accorgo di una cosa che ai miei tempi non esisteva, o forse fino a ieri viveva appartata nella soffitta dei ricordi come uno zio bislacco. La deflagrazione pulviscolare dei complementi. Ogni proselito grammaticale ha il suo tempietto politeista, ogni umoralità comunicativa la sua intestazione specialistica; esiste così il complemento di unione di origine di argomento di materia di qualità di età di pena di abbondanza di privazione di compagnia di maniera di allontanamento di paragone di peso di estensione di limitazione di distanza di colpa di stima di svantaggio di rapporto di esclamazione. L'esercizio astratto delle cosmogonie linguistiche pretende il possesso del cartellino di prenotazione, alla spossante ricerca dell'ufficio semantico di competenza.
I complementi di luogo si sono asciugati nei poveri movimenti cardinali di una carta antica, lasciando ad altri spin off sottosistemici la descrizione delle modalità di spostamento. Il complemento di specificazione, antico regnante di ogni altra concrezione enunciativa del "di chi di che cosa", ha perso terreno in favore degli irredentismi locali delle appartenenze, delle relazioni e delle capacità. Le scarne domande a cui il complemento rispondeva si sono nel frattempo frantumate in una pletora caotica di dilemmi e moventi, che sembrano aderire alla petulanza condominiale degli assemblearisti di sistema: dove ciascuno a turno ha una risposta peculiare, un'identità di settore e una collocazione di piano o di ascensore da presidiare a ogni costo.
Forse tutto ciò servirà a semplificare lo studio superiore del latino e del suo congegno annessionista, che accorperà le rifiniture regionali all'autorità consolare dei genitivi e dativi e, meglio ancora, a quella imperiale degli ablativi. O forse anche quella risulterà infine un'insufficiente riduzione, una riepilogazione fuori misura di fronte alle insopprimibili esigenze della modernità, la sua cacofonia decisionale, la fiera della vanità dei vani scale all'adunata assembleare del condominio Babele.
Credits: Michele Castellari